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Nome: Punta Savorgnana 2360m
Regione: Friuli
Zona: Gruppo del Cridola nodo di Tor
Difficoltà: III grado
Atrezzatura: normale dotazione alpinistica

Tempo Complessivo: 5-6 ore
Quota Partenza: 2176 m
Quota Arrivo: 2360 m
Dislivello Via: circa 200m
Salita: Sud-Sud-Est   Discesa: Come salita

Cervino

Punta Savorgnana 2360 m, Gruppo del Cridola nodo di Tor: Via Normale   di Concina Ciro

Salita (Sud-Sud-Est). L’attacco della via normale è nei pressi della Forca del Cridola, che si può raggiungere dal versante del Cadore passando per il bivacco Vaccari o dal versante della Val Tagliamento, dal rifugio Giaf o dal Passo della Mauria. La nostra gita parte da quest’ultimo.
La salita finale, dalla Forca del Cridola non ha alcuna indicazione, ne ometti in pietra (ne ho notato solo uno) ne segni di alcun tipo.
Ci sono solo due tratti di arrampicata entrambi su roccia friabile e con scarse possibilità di assicurazione, per il resto si cammina su rocce ricoperte da sfasciumi, per i quali è richiesta attenzione e passo fermo, tipica caratteristica di chi frequenta le Dolomiti di oltre Piave.

Tempi: partenza dal passo della Mauria alle 6:45, arrivo all’attacco alle 9:35, inizio salita alle 9:50 arrivo in vetta alle 10:50, rientro alla base delle rocce alle 12:00. Il tempo impiegato per giungere all’attacco è un po’ alto, abbiamo proceduto molto lentamente; invece il tempo per l’ascensione alla vetta e la discesa alla base è stretto, perchè ho proceduto solo, velocissimo e senza fermarmi in vetta se non per il tempo di una foto.
Materiale utilizzato: corda da cinquanta metri, tre chiodi (non si sa dove metterli), casco.

Siamo partiti in due dal passo della Mauria (1300 m) per il sentiero CAI numero 348, che sale lungo in Valo’ dei Cadorini fino alla forcella della Mescola (1967 m) e da li alla forca del Cridola (2176 m), da dove si piega a destra alla base del zoccolo roccioso della nostra montagna, seguendolo per poco più di cento metri. Dalla parete alla nostra sinistra fin li strapiombante, sale un canale a gradoni, di roccia apparentemente compatta, lisciata dalle acque del disgelo.

Qui inizia la via normale. Si arrampicano le rocce del canale fino alla sua fine 20 m più in alto. La guida del Berti parla di I°, quella di Visentini parla di … un’ostica lunghezza di II°…, per me è III°.
La roccia sembra solida,ma non è così alcuni appigli si muovono e quando si prova a conficcare un chiodo, dopo poche martellate la fessura si apre, il chiodo scivola dentro all’improvviso e la roccia si sgretola e cade sul compagno sotto. C’e una piccola clessidra a tre quarti sulla sinistra.

Alla fine del canale avrebbe dovuto esserci uno spuntone con il cordino, invece ho trovato solo il cordino tutto maciullato e non più lo spuntone. In questo punto bisogna fare molta attenzione a non far rovinare numerosi sfasciumi anche di grosse dimensioni sul compagno sotto, sia smuovendoli con i piedi e soprattutto con la corda. Qui non c’è possibilità di fare sicura se non a spalla facendo frizionare la corda sulle rocce, per ciò non mi sono fidato a far salire la mia compagna e ho proseguito solo.

Si sale diritti per un canalone incassato e stretto pieno di sfasciumi, con difficoltà di tanto in tanto di I° (30 m). Dove il canale spiega a sinistra e si fa ripido, si va a destra per rocce scalinate inizialmente di I°, via, via più semplici per 100 m circa, dove si incrocia un canalone che scende da sotto la vetta (qui l’unico ometto di pietra). Si sale lungo questo per altri 100 m circa fino alla cresta ovest, con difficoltà solo a tratti di I°, da qui per cengia si piega a destra sotto il salto finale, fino ad incontrare il camino che obliquando leggermente da destra verso sinistra porta in vetta (15 m II°-).
Attenzione alle manovre di corda dalla vetta coperta da sfasciumi, che potrebbero facilmente cadere su chi è sotto.

Purtroppo quando ero giunto in vetta, le nuvole avevano avvolto tutto il panorama circostante tranne la Punta Cozzi, dalla quale due alpinisti che avevamo incontrato lungo la salita, si affrettavano a scendere, già sotto la pioggia. Io li ho immediatamente imitati, mentre le prime gocce colpivano anche me.

Sono sceso
lungo la via di salita ed il canale iniziale l’ho sceso in doppia, fidandomi dell’esile clessidra citata prima.
Abbiamo concluso la gita scendendo al rifugio Giaf per il sentiero CAI 340 e siamo rientrati al passo della Mauria per il sentiero 341. Rientro lungo ma molto bello. Una volta era possibile anche il rientro per il sentiero Olivato 325, ma ora non è più percorribile, perché franato.

Variante al canale iniziale.
Nel luglio del novantasei facemmo il primo tentativo a questa cima e non affrontammo il canale iniziale, ma percorremmo un’altra strada. Dall’attacco descritto sopra, si prosegue costeggiando le rocce basali, per pochi metri alla stessa quota e poi in discesa, per risalire girando a sinistra ed entrando in un grosso colatoio, che si sale superando una balza di roccia di pochi metri di roccia solida (I°) fin sotto a degli strapiombi neri. A sinistra si attacca la via.

Prima si supera un salto di due metri (II°), poi si prosegue per un camino detritico con difficoltà discontinue mai superiori al II° (20 m circa) fino ad uscire su una cengetta erbosa che si segue verso sinistra per pochi metri, per poi scendere nel punto in cui termina il canale di III° descritto nella relazione sopra. La discesa è su roccia friabile e ricoperta da detriti e da affrontare con cura. In questa breve discesa il primo di cordata è paradossalmente più protetto di chi lo segue. ©

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